Ven.19 - Sab.20 - Ven.26 - Sab.27 Novembre
Ven.3 - Sab.4 - Ven. 10 - Sab. 11 Dicembre
Contatto per MORIRE
Scritto e diretto da M. Maurizia Ronchi
Erika accetta l’invito ad un week-end per incontrare Alberto, l’ex che l’ha lasciata, e che vorrebbe, pare, riconquistare. Ma Alberto ha una nuova compagna ed Erika cercherà un gigolò per non essere sola al difficile incontro. Peccato che lo sconosciuto accompagnatore, al momento di presentarsi, si scopra essere Francesco un vecchio compagno di scuola che lei non sopportava… L’imbarazzo prende il sopravvento ed Erika lo costringe ad andarsene. Alberto arriva, ha al suo fianco la nuova fidanzata. Erika vacilla, dove trovare la forza per affrontare il week-end? Fra lo stupore generale Francesco rientra presentandosi come il fidanzato di Erika. Il suo obiettivo sembra davvero togliere Erika dall’imbarazzo della situazione, e proprio per questo trova una scusa per allontanarsi con la fidanzata di Alberto e lasciare ad Erika il tempo di parlare con il suo ex. Ma tutto ha ancora da accadere. Un omicidio e la scoperta di un traffico di stupefacenti aprono nuovi scenari sulle reali intenzioni delle due coppie. Con il fiato sospeso saremo condotti su una giostra dove passione, amore, interessi e follia regaleranno brivido, fascino e qualche inaspettato, piacevole sorriso.
Le unità aristoteliche: fluidità e grinta
Il testo è stato scritto da Maurizia Ronchi
(“Rapimento” 2008, “Memoria per un delitto”
2009) nel rispetto delle unità aristoteliche.
Ovvero unità di spazio:
tutto si svolge in un solo luogo. Unità di tempo: laddove Aristotele
indicava lo svolgimento dell’azione dall’alba al
tramonto (entro comunque le 24 ore) “Contatto
per morire” si svolge dal tramonto all’alba. Unità di azione: gli
avvenimenti ruotano intorno ad un evento ed un
personaggio centrale senza trame parallele.
Il rispetto delle tre unità aristoteliche è
tutto tranne che un vuoto esercizio stilistico.
Il risultato è un flusso di eventi,
perfettamente concatenati, che intrigano e
stupiscono. Un sovrapporsi di emozioni, senza
diramazioni secondarie, che coinvolge lo
spettatore facendogli vivere con intensità ciò
che anche gli attori vivono.
Il lavoro con gli attori: la potenza dello
sguardo
Per
capire il lavoro che hanno affrontato gli
attori riportiamo ciò che Maurizia Ronchi ha
detto agli attori ad inizio della lavorazione
“Il vostro lavoro di attori? Difficile,
importante, emozionante. Non è nelle parole
che sta il dramma, e non è nelle parole che lo
troverete leggendo. Non ci sarà tecnica che vi
possa aiutare, vi chiedo una
immedesimazione completa e
autentica. A partire dallo sguardo. Quello che
dobbiamo far arrivare al pubblico non sono
solo le battute dei personaggi, ma i loro
pensieri. Le loro emozioni anche quando le
battute non ci sono. Il personaggio non si
attiva solo quando parla, ma vive una
continuità completa di emozioni, che possiamo
far percepire al pubblico dal percorso dello
sguardo. Per cui, quando in scena non sapete
cosa deve fare il vostro personaggio, guardatevi! Ma ricordate
non guardatevi da attori ma da personaggi.
Vivere un personaggio senza uscire dal
percorso delle emozioni e dello sguardo è una
avventura emozionante e difficile. Andiamo a 10.000 metri e ci buttiamo
giù, ….forse scoprirete che il vostro
personaggio imparerà a volare”.
Il Back-stage: giù la
maschera
La compagnia Down Theatre ha già presentato un
fortunatissimo back-stage nello spettacolo
“Black Comedy”. Dove al pubblico sono state
mostrate alcuni delle gaffe più simpatiche
avvenute alle prove. Vedendo il favore del
pubblico a questo tipo di proposta, (e vedendo
quanto il pubblico ha amato il “Rumori Fuori
Scena” del Down Theatre che ha il sapore di un
unico catastrofico Back-Stage) anche in questa
occasione vi mostreremo alcuni dei momenti più
simpatici che abbiamo vissuto durante le
prove. Interessante vedere come delle scene
che appaiono fluide e naturali durante lo
spettacolo ci abbiano messo tanto in crisi
durante la lavorazione. Buffi gli equivoci, lo
scambiare una didascalia per una battuta ecc….
È un modo semplice per incontrare il pubblico
in una veste meno formale. È come dire “giù la
maschera”, anche questo è teatro e anche
questo abbiamo voglia di condividere con voi.
Nota
dell'autore al testo
Siamo nella assurdità e banalità del reale,
dove si può parlare di importare un rum o
eroina, dove si può sorridere per la compagna
dello zaino rosa o infiltrarsi violentemente
nella sua vita, dove si può flirtare con il
primo che capita e osservare indifferenti un
compagno morire. Quasi non c’è
teatro c’è la semplice
ironia della vita, dove non si può
scegliere la piega da dare agli eventi perché
gli eventi la piega se la danno da soli. E’
uno spaccato di come si odia, si ama, si
detesta o ci si usa, di come si crea fastidio
o attrazione, e molto senza volerlo, così solo
perché ‘capita’. Uno spaccato di come
superficialità e profondità si mescolano in
ciascuno a molti livelli. Non tutto ha un
senso, non tutto ha un fine. Si vive, e la
vita scorre alternando voluto e non voluto,
capito e non capito. I personaggi sono mossi
dalla verità della
loro vita, e questo è il
compito profondo dell’attore, dare al
personaggio non solo la dovuta credibilità ma la dignità di una vita vera.
A volte ci stupiscono per reazioni che non
sembrano congruenti a ciò che ci aspettavamo.
Già! La vita li cambia, un incontro, anche
solo una frase, può cambiare la loro
prospettiva e quello che sembrava un
obiettivo, una linea sicura, diventa… passato.
Altro compito arduo per l’attore che non ha
fra le mani una forma definita ma una forma in
continuo movimento. Non c’è niente di risolto,
tutto è sempre sospeso, i personaggi non
appoggiano a terra non hanno punti fermi per
l’attore.
Non ho potuto scrivere altri personaggi perché
questi ormai mi si erano presentati alla
mente. Mi si sono presentati, li ho lasciati
improvvisare fra loro, ho assistito e ho
trascritto quello che loro hanno scelto di
vivere.
Nel testo emergono chiaramente
due tipologie: i personaggi
aperti ed i personaggi chiusi, quelli
che si lasciano permeare da ciò che è altro e
quelli che hanno le definizioni di sé in loro
stessi. Permeare non
significa modificare, resta la propria
struttura che però si arricchisce di altro. La
nostra mente (ragione ed emotività) ha
permeabilità quasi infinità. Lasciarsi
permeare (che vuol dire comprendere,
condividere, mettersi in discussione) è
connotato dei personaggi positivi. Restare
impermeabili all’altro mantenendo chiusa la
propria Biosfera (nel senso si sfera interiore
della vita) è connotato dei personaggi che si
portano dietro una sofferenza non risolta e
non attualmente risolvibile. Sono loro che
soffrono e noi (pubblico, regia, e personaggi
permeabili) soffriremo con loro se gli
interpreti ci faranno il regalo di farci
entrare in questo loro mondo distrutto.
[Maurizia M.Ronchi]
Il doppio cast: come sempre la compagnia lavora con doppio cast, i ruoli vengono ricoperti con il seguente calendario:
Cast A:
Ven.19 - Sab.20 - Sab.27 Novembre - Ven.3 Dicembre
Erika: Sandra Balsimelli
Francesco: Stefano Naldoni
Alessandra: Alice Capozza
Alberto: Federico Romei
Sonia: Antonella Agati
Ispettore: Gianni Bartalucci
Scientifica: Diego Marchi
Cast B:
Ven.26 Novembre
Sab.4 - Ven.10 - Sab.11 Dicembre
Erika: Marcella Soldani Benzi
Francesco: Lapo Bacci
Alessandra: Beatrice Brandigi
Alberto: Carlo Manao
Sonia: Anastasia Ciullini
Ispettore: Massimo Bosi
Scientifica: Francesco Felisio
Collabora alla regia:
Eugenia Baldaccini
Luci:
David M.Dei, Lisa Corda
Musiche:
Francesco Felisio, Diego Marchi
FOTO:
Leonardo Papi